Imprese e industria, vocazioni e specializzazioni

Roma non è una città industriale, vanta da una parte presenze importanti nei settori manufatturieri, dall’altra un livello elevatissimo di specializzazioni, superiore a molte altre città italiane. Ritrovare un’anima distintiva per l’industria e le imprese, dalle quali dipende una grande fetta dell’occupazione, diventa un imperativo categorico. Hi tech e innovazione possono essere i fattori trainanti per il futuro, se sostenuti da una rete di servizi e di incentivi che non scoraggino gli investimenti pubblici e privati e attraggano nuove localizzazioni. Le grandi imprese, italiane e straniere, che come tutti devono rispettare le regole in materia ambientale, della sicurezza e del lavoro, devono essere accolte e non respinte.
La piccola impresa è la nostra spina dorsale

A Roma la rete delle piccole e piccolissime imprese, comprese le start up spesso avviate da giovani, da stranieri e da donne, rappresenta una parte essenziale del settore produttivo, dei servizi, del turismo e del commercio. Si stratta di realtà a volte fragili, messe a dura prova dal periodo di lockdown per l’emergenza Covid19. Anche in questo caso, vanno previste misure di sostegno e di supporto straordinario. Uffici pubblici, sistema del credito, istituzioni e associazioni devono essere al servizio di chi intraprende e non un ostacolo. Bisogna semplificare le procedure, ridurre i tempi di attesa, implementare le reti e i servizi on line, rendendo possibile per tutti, compresi i funzionari delle PA, l’uso e la estensione del digitale.
Professioni, artigianato e mestieri devono vivere e crescere

Migliaia di professionisti, di artigiani e di operatori specializzati lavorano in città: la ricchezza delle competenze, delle esperienze e della memoria storica ed operativa rischiano di sparire. Il peso della crisi, la rigidità corporativa, l’eccesso di paletti all’ingresso rischiano di penalizzare, in particolare, i più giovani. Occorre invertire la tendenza e valorizzarli, anche in funzione di un ridisegno della città in termini di modernità e innovazione, non solo per non perdere posti di lavoro, ma per non interrompere catene virtuose di abilità, di legami e di identità locali. Va trovato il modo per favorire il ricambio generazionale e coinvolgere anche nell’agenda pubblica tutte le competenze disponibili.
Sostegno del commercio di vicinato

Dopo anni di crescita inarrestabile, il modello dei centri commerciali, – “non luoghi” di acquisto compulsivo e del tempo libero – comincia a fare marcia indietro: insieme all’avanzare della spesa on line, alla minore disponibilità economica delle famiglie, ad una maggiore richiesta di qualità, assistiamo ad una ripresa dei negozi di prossimità. Occorre puntare su questa ripresa, ancora troppo debole per essere considerata consolidata, riorientando le nostre abitudini di acquisto. Occorre incentivare una maggiore qualità delle merci e della materia prima, favorendo le filiere corte e sostenibili e il piccolo commercio che, spesso, rappresenta il primo elemento di vivibilità, di aggregazione e di socializzazione anche nelle zone più sperdute della città.
Terziario e terziario avanzato, da costo a risorsa

Ministeri, stato, ambasciate, agenzie pubbliche, enti del parastato: la capitale paga prezzi salati. Sono sedi ed uffici che portano lavoro e consumi, ma anche costi pubblici per l’indotto e contaminazioni di interessi, per i quali Roma non gode di buona fama. Eppure, attorno a questa massiccia consistenza pubblica, sono cresciute competenze, reti, servizi innovativi, senza contare la presenza delle rappresentanze sindacali e associative di ogni tipo. Queste istituzioni, con la loro presenza ed esperienze devono essere spinte al servizio del bene comune sino alla costruzione dell’agenda pubblica sul futuro della città, mettendo a disposizione dati, notizie, informazioni e competenze: un terreno di riflessione e di cambiamento di comportamenti obsoleti.